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Risparmio: ora i depositi rendono più dei BoT

11 aprile 2009

Una delle poche conseguenze non spiacevoli dello tsunami finanziario è la maggiore competitività dei rendimenti dei depositi bancari rispetto alla loro tradizionale alternativa, i BoT. In febbraio, come emerge dagli ultimi dati Abi, si è registrato per la prima volta il sorpasso dei tassi medi di remunerazione dei depositi (1,45 lordo) nei confronto dei rendimenti dei BoT (1,31%). Al netto della diversa tassazione (27% sui primi, 12,5% sui secondi) il confronto torna a vantaggio dei titoli di Stato. Ma l'analisi va vista anche alla luce dei dati successivi, che hanno messo in evidenza un'ulteriore riduzione dei rendimenti dei BoT (1,19% per gli "annuali" all'asta dell'8 aprile). E, in ogni caso, va ricordato che sull'acquisto di BoT i risparmiatori pagano commissioni, sui depositi no. L'1,19% di rendimento dell'ultima asta BoT, dedotte le imposte e le commissioni massime, si riduce a 0,89 per cento. La necessità di raccogliere capitali ha spinto le banche a competere per aumentare i depositi da clientela, alternativa più semplice all'approvvigionamento sull'interbancario. L'offerta proveniente da banche dirette si è ampliata, aprendo la strada a una virtuosa gara a chi propone le condizioni migliori. All'offensiva di Ing Direct, la prima a puntare con decisione all'elevata remunerazione della liquidità, hanno risposto UniCredit, Fineco, Santander, Banca Sella, IwBank, Barclays, WeBank (Bipiemme), Banca Ifis e CheBanca! (Mediobanca). Senza dimenticare l'opportunità da sempre esistente del risparmio postale. Gli effetti della competizione si sono avvertiti negli ultimi mesi, con i rendimenti dei BoT sprofondati per il boom della domanda di "porti sicuri" e gli interessi dei depositi che si sono adeguati al ribasso più lentamente. Il successo di queste offerte dimostra che un prodotto finanziario può diventare attraente nonostante un trattamento fiscale sfavorevole, in presenza di caratteristiche di trasparenza e semplicità nella percezione del valore. Certo, i BoT e in generale gli strumenti di emittenti sovrani godono di una sicurezza maggiore, ma in tutta Europa è apparsa chiara la volontà dei Governi di evitare l'insolvenza di qualsiasi istituto di credito, e di rendere quindi superfluo l'intervento dei fondi di garanzia contrattualmente previsti a tutela dei depositanti. Tutto bene, dunque? Probabilmente no. La semplicità dei depositi bancari non deve far dimenticare che i mercati finanziari con i quali si confrontano possono riservare delle sorprese. I depositi sono fra gli investimenti più esposti agli shock inflattivi, e per questo non sono adatti a chi vuole costruire un risparmio di lungo periodo. In generale, tutti gli strumenti di liquidità e i titoli di Stato nominali temono l'erosione dell'inflazione inattesa, per difendersi dalla quale i risparmiatori sono di fatto obbligati a prendersi dei rischi. I titoli di Stato e le obbligazioni indicizzate all'inflazione sono l'alternativa più semplice per chi vuole conservare il capitale in termini reali, ma chi li possiede deve fronteggiare l'eventualità che le loro quotazioni possano oscillare sensibilmente nel breve periodo. La minaccia dell'inflazione - Nessuno sa con precisione quando, ma è ovvio che prima o poi l'inflazione rialzerà la testa. L'ultimo dato annuo è dell'1,2%, il minimo dal 1969, ma quel che conta per chi investe ora è l'aumento futuro del costo della vita. Forse da qui a un anno i rendimenti offerti attualmente dai depositi bancari più competitivi saranno sufficienti a battere l'inflazione di periodo. O forse no. L'importante è che chi li sceglie ne sia consapevole. di Marco Liera IL SOLE 24 ORE - Sabato 11 Aprile 2009

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