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Gb: Brown vuole vendere il Royal Mail

24 febbraio 2009

Il governo pronto a cedere il 30% alla TNT per far fronte a un deficit del fondo pensione di 6,7 miliardi di euro LONDRA (GRAN BRETAGNA) - La tradizionale buca delle lettere di color rosso è uno dei simboli della Gran Bretagna. E chissà se anche quella non sarà destinata a cambiare sulla scia della parziale privatizzazione delle Poste di Sua Maestà. Il governo britannico infatti presenterà giovedì in Parlamento una bozza per un disegno di legge sulla ristrutturazione del Royal Mail. L’esecutivo intende infatti vendere una sua partecipazione equivalente al 30% dell’azienda; Gordon Brown si appresta ad affrontare l’ostruzionismo di molti esponenti del suo partito (ad oggi quasi 140 deputati hanno firmato una mozione contraria) e potrebbe dover ricorrere all’appoggio dei conservatori e dei liberaldemocratici per far approvare il provvedimento. PRIVATIZZAZIONE - Lo scorso dicembre il ministro del Business, Lord Mandelson, aveva spiegato che in considerazione della difficile congiuntura economica e la decrescente richiesta dei servizi postali, in particolare l’invio di lettere, il Royal Mail ha bisogno di nuovi investimenti nel settore tecnologico. A gettare benzina sul fuoco è stata anche una lettera del presidente dei fiduciari del fondo pensione, Jane Newell, secondo cui il deficit del fondo potrebbe superare i 5,9 miliardi di sterline (pari a 6,7 miliardi di euro) previsti dal rapporto Hooper, che già invitava il governo alla vendita di una partecipazione minoritaria della società. Alternativa alla privatizzazione - in pole position c’è l’olandese TNT - il taglio delle pensioni. La manovra riguarderebbe circa mezzo milione di dipendenti. Molti deputati laburisti "ribelli" e leader sindacali hanno accusato Lord Mandelson, che ha rivelato il contenuto della lettera, di aver manipolato la situazione per esercitare pressioni. Proprio giovedì, in occasione dell’approdo del ddl alla camera di Lord, i sindacati - che sottolineano i profitti in crescita del 2008 (255 milioni di sterline contro i 162 milioni dell’anno finanziario precendente) sfileranno davanti a Westminster per protestare contro il provvedimento. 24 febbraio 2009 - 19.40 SWISSINFO GB: scoppia crisi Royal Mail; no a piano privatizzazione LONDRA, 24 feb (AWP/ats/ansa) Cresce la protesta nel Regno Unito per la parziale privatizzazione di Royal Mail - le poste britanniche - annunciata dal governo di Gordon Brown. Centinaia di lavoratori si sono oggi dati appuntamento davanti al Parlamento per dar manforte ai deputati laburisti "ribelli" che hanno firmato una mozione contraria al piano, che approderà ai Comuni giovedì prossimo. Il piano, stando alle indiscrezioni, prevede la vendita della quota del 30% di Royal Mail oggi in possesso del governo, forse alla compagnia olandese TNT, l'unica ad aver, sino adesso, pubblicamente espresso l'interesse a rilevare tale quota. L'operazione, dice l'esecutivo britannico, è indispensabile per "modernizzare" il servizio postale del Regno Unito. Ma subito i lavoratori si sono messi sul piede di guerra: c'è infatti da sciogliere il nodo delle pensioni - che pesano sui bilanci di Royal Mail per 5,9 miliardi di sterline. Jane Newell, presidente del trust che amministra Royal Mail, ha ribattuto in una lettera che, date le condizioni economiche in cui versa l'azienda, dovesse fallire l'operazione a farne le spese potrebbe essere proprio il monte pensioni. Con tutte le conseguenze del caso. L'affermazione è stata però intesa dai sindacati come "un'intimidazione" ai danni dei parlamentari ribelli, 125, stando ai dati pubblicati dalla BBC. Billy Hayes, segretario della sigla sindacale "Communication Worker's Union', ha così commentato ai microfoni di Sky News: "Il governo sta dicendo che vuole una compagnia straniera a capo degli uffici postali. È ridicolo. Potremmo trovarci in una situazione in cui la Royal Bank of Scotland viene nazionalizzata e Royal Mail privatizzata". Una mossa che, secondo i ribelli del New Labour, equivale a un "suicidio politico". CORRIERE DELLA SERA 24-2-09 ma almeno 140 deputati laburisti sono contrari

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